Melinda é um consórcio (não uma sociedade anônima, muito menos uma multinacional) que produz cerca de 400.000 toneladas de maçãs por ano: uma grande família composta por mais de 4.000 famílias de produtores associados, agrupados em 16 cooperativas, que vivem e cultivam maçãs nos vales del Noce (Val di Non e Val di Sole).
"Melinda, como as suas maçãs, é fruto de um território especial", afirmou Seppi, "um território que assenta nas raízes sólidas da tradição mas que ao mesmo tempo soube desenvolver a agricultura do futuro, como demonstram as Células Subterrâneas, a primeira e única planta do mundo para a conservação de maçãs frescas numa atmosfera controlada, dentro de túneis escavados na rocha. Seppi salienta que todas as atividades de investigação e desenvolvimento da Melinda apontam no sentido do respeito pelo ambiente e do apoio à realidade humana e social que ali vive. Com o importante resultado de comunicar e dar a conhecer os vales da região.
As famílias dos produtores são a garantia da qualidade e sustentabilidade de das frutas. A maçã não é como o vinho, nem como o queijo, nem como outros produtos alimentares sujeitos a uma fase industrial. Uma maçã ou colhe o bem da árvore ou nunca poderá se tornar bom novamente. A boa qualidade das maçãs Melinda nasce nos pomares, graças ao trabalho constante das famílias camponesas. O Consórcio Melinda é então responsável pela organização e gestão de todas as atividades após a colheita (armazenamento, conservação refrigerada, seleção, embalagem, expedição, promoção, venda, administração, compras, gestão de pessoal…).
Hoje Melinda é uma realidade conhecida e apreciada em todo o mundo, mas não se pode descansar sobre os louros: "O perigo vem do excesso de oferta dos novos países emergentes no cultivo da maçã: respondemos enriquecendo a nossa oferta de novos produtos, cultivando maçãs que atendem às tendências do mercado; reforçando o compromisso de Melinda com a sustentabilidade, graças a métodos de cultivo e conservação ecologicamente corretos (em primeiro lugar as células subterrâneas); e ampliando sua oferta com tecnologias inovadoras capazes de preservar 100% a naturalidade do produto. Mais uma vez nos distinguimos pela qualidade, sem nunca descurar a necessidade de apoiar o rendimento de cada associado e agricultor», conclui o Presidente. Nesse sentido, o consórcio Melinda adquiriu a AD Chini, empresa líder no mercado de produtos processados à base de frutas.
Versione italiana
Ai paesaggi agricoli precedenti, caratterizzati da gelso, vite, grano saraceno, si sostituisce nei primi del Novecento la pratica del prato-frutteto, ancora visibile in alcuni angoli del nostro territorio: una parte del campo viene coltivata a frutteto, con meli ad alto fusto molto distanti tra loro (i cosiddetti patriarchi), il resto è lasciato a prato, per ricavare il foraggio per gli animali. Alla fine degli anni 30 del Novecento, il 40% della frutta trentina viene dalla Valle di Non e da qui parte il 70% dell’esportazione. Ma è solo l’inizio: è nel secondo dopoguerra che le coltivazioni si fanno intensive e l’economia delle mele di questo territorio decolla, grazie a diversi fattori. Primo fra tutti, la passione e il duro lavoro degli agricoltori, che diventano sempre più professionali e collaborano tra loro riunendosi in cooperative.
Negli anni 60-70 è boom: il successo delle mele della Val di Non porta lavoro per tutti, benessere, ripopolamento dei paesi. Il paesaggio viene di nuovo ridisegnato: a causa dell’innalzamento delle temperature, le coltivazioni salgono fino ai 1.000 metri di altitudine, la meccanizzazione impone appezzamenti di maggiore dimensione, piante piccole e ravvicinate, irrigazione a goccia, teli antigrandine: l’aspetto del meleto non è più quello idilliaco dei grandi meli “patriarchi” in mezzo ai prati. Ma come quelle grandi piante hanno salvato tanti anni fa le valli dallo spopolamento, anche i moderni meleti raccontano la storia di una comunità, il legame profondo tra la terra e l’uomo che la coltiva e protegge i suoi frutti, per il bene di tutti.
Siamo un consorzio (non una società per azioni, né tantomeno una multinazionale) che produce ogni anno circa 400.000 tonnellate di mele: una grande famiglia fatta di oltre 4.000 famiglie di soci produttori, raggruppati in 16 cooperative, che vivono e coltivano il melo nelle Valli del Noce (Val di Non e Val di Sole).
«Melinda, come le sue mele, è il frutto di un territorio speciale», premette Ernesto Seppi, Presidente del Consorzio Melinda.
«Un territorio che poggia sulle solide radici della tradizione ma al contempo è stato capace di sviluppare l’agricoltura del futuro, come dimostrano le Celle Ipogee, il primo e unico impianto al mondo di conservazione di mele fresche in atmosfera controllata, all’interno di gallerie scavate nella roccia. Ci tengo a sottolineare che tutte le attività di Ricerca e Sviluppo di Melinda puntano nella direzione del rispetto dell’ambiente e del sostegno alla realtà umana e sociale che ci vive. Con l’importante risultato di comunicare e fare conoscere le nostre valli, trainando così anche tutti gli altri comparti».
Sono le famiglie dei produttori la garanzia della qualità e della sostenibilità dei nostri frutti. Le mele non sono come il vino o come il formaggio o come altri prodotti alimentari oggetto di una fase industriale. Una mela o si raccoglie buona dall’albero o buona non potrà diventare mai più in alcun modo. La bontà delle mele Melinda nasce solo nei frutteti, grazie al costante lavoro delle famiglie contadine. Al Consorzio Melinda tocca poi l’organizzazione e la gestione di tutte le attività successive alla raccolta (stoccaggio, frigo-conservazione, selezione, confezionamento, spedizione, promozione, vendita, amministrazione, acquisti, gestione del personale…).
«Il Consorzio Melinda nasce nel 1989», racconta Seppi, «ed è frutto di un lungo percorso, non privo di accalorate discussioni, che ha portato tanti singoli agricoltori privati, o al massimo piccole cooperative in competizione tra loro, a riunirsi per valorizzare tutti insieme un prodotto con caratteristiche davvero non comuni». Del resto, i consumatori hanno sempre riconosciuto che le nostre mele sono buone. «Così buone che tanti ci copiavano e si fregiavano di venire dalla Val di Non, quando non era vero. Di qui la necessità di un marchio e la felice intuizione del nome Melinda, facile da ricordare e da associare a qualità e pulizia».